Art. 7, il più discutibile e discusso articolo della Costituzione

“Anche oggi nella lotta politica il conseguimento effettivo della pari dignità sociale di ogni persona è il programma minimo che la resistenza ha affidato alla costituzione. …” Piero Calamandrei

di Domenico Massano

Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale (art. 7 Costituzione).

In un testo del 1959 “Stato sovrano e ipoteca clericale”1, Aldo Capitini, colui che due anni dopo avrebbe promosso e organizzato la prima Marcia della Pace Perugia-Assisi, riproponeva gli atti della Costituente sull’articolo 7, “Quello che è il più discutibile e il più discusso articolo della Costituzione repubblicana”.

La pubblicazione, introdotta da questa amara affermazione, era motivata dal bisogno di mantenere viva la memoria storica del percorso che condusse all’approvazione dell’articolo. Al contempo, però, traspariva il tentativo di sollecitare un’apertura a partire dalla speranza che “forse c’è ancora qualche nostro concittadino che rivive il sogno di una Chiesa aliena dal potere, non paurosa di perdere l’esser visibile, sostituente al metodo dell’impero il metodo dell’aggiunta che dà e non chiede. Questi concittadini, che vanno calando di numero furono attristati nel ’29 quando videro il Vaticano inserirsi senza scrupoli nella fortuna del regime fascista, […] e furono di nuovo attristati quando videro nel ’46 e ’47 il Vaticano voler collocare gli interi Patti del ’29, di evidente marca autoritaria, in una Costituzione che era l’espressione di principi del tutto diversi”. L’apertura, secondo Capitini, si sarebbe dovuta tradurre nell’impegno congiunto per la realizzazione di una convivenza basata su valori “di reciproco rispetto, di convivenza nella libertà, nel lavoro, nella cultura, e anche nella speranza e fede”, rispondendo anche al “desiderio, nella grandissima maggioranza degli italiani, di liberarsi da un Concordato così malamente vincolante”, cosicché anche “i cattolici religiosi si sentiranno liberi da un’ansia che ora li tormenta, perché si sentono connessi con un potere mondano”.

Sembra che in buona parte tali presupposti e prospettive valgano (nonostante, o forse a maggior ragione, anche dopo la revisione del Concordato nel 1984) ancor oggi e che quindi continui ad esser utile la conoscenza, se non di tutti i dibattiti riportati nel testo, almeno di un significativo resoconto “sulla discussione tenuta in sede di Assemblea costituente in merito al Concordato” (“e sul voto con il quale nel 1947 cattolici e comunisti, a grande maggioranza, approvano l’art. 7 della Costituzione”), che era richiamato dallo stesso Capitini ed era stato realizzato da quello che ne fu un importante testimone e protagonista laico, Piero Calamandrei.

In un articolo pubblicato nel maggio 1947 titolato “Storia quasi segreta di una discussione e di un voto”2 Calamandrei presentava e approfondiva quelli che erano stati motivi e conseguenze dell’approvazione a grande maggioranza dell’art. 7 della costituzione (prima art. 5), nella seduta dell’assemblea plenaria del 25 marzo 1947, coll’intervento di quattrocentonovantanove votanti, con trecentocinquanta voti favorevoli (democristiani, comunisti, qualunquisti, monarchici, gran parte dei liberali), contro centoquarantanove contrari (socialisti, repubblicani, azionisti, demolaburisti e alcuni liberali).

Secondo Calamandrei l’episodio “saliente e sorprendente” della votazione fu l’inaspettato voto favorevole dei comunisti che assicurò l’approvazione a grande maggioranza dell’articolo: “Se i comunisti avessero votato contro, è assai dubbio se l’articolo sarebbe stato approvato; tutt’al più sarebbe passato con una maggioranza computabile sui diti di una mano; ma non si può escludere che, se tutte le sinistre si fossero trovate compatte nel votar contro, avrebbero potuto trascinar con sé qualche voto incerto e riuscire a mettere i democristiani in minoranza”.

La cronaca della votazione, tracciata con brevi stralci dei discorsi, rende bene il clima che si respirava: “Parlò De Gasperi (Democrazia Cristiana ndr) accentuando in tono perentorio, quasi minaccioso, le esigenze del suo partito. Infine parlò Togliatti (Partito Comunista Italiano ndr): il suo flessuoso discorso, che durò circa un’ora, lasciò per un bel pezzo perplessi gli ascoltatori, i quali quasi sino alla fine continuarono a credere che il filo polemico contro i democristiani dovesse metter capo ad un voto coerente, cioè ad un voto contrario. Invece il discorso, con un giuoco di acrobazia dialettica così serrato da mozzare in più punti il respiro degli ascoltatori, concluse col dichiarare che i comunisti avrebbero votato a favore. La votazione per appello nominale, che si concluse dopo la mezzanotte, si svolse in un’atmosfera pesante e depressa: gravava nell’aria, per i più opposti motivi, un senso di delusione, di dispetto, di mortificazione; anche di disgusto […] Quando fu proclamato il resultato, nessuno applaudì …”.

Calamandrei, dando una prima lettura di questo esito, ne individuava le probabili ragioni nel fatto che le attività dell’assemblea costituente erano state inquinate da “preoccupazioni elettoralistiche” tali da, allora come oggi, restringere lo sguardo di molti politici portandoli a non volere (o riuscire) a guardare molto lontano, ma solo poco più in là dalla punta del proprio naso, spesso corrispondente con la data delle prossime elezioni.

Tuttavia, proseguiva nel suo ragionamento, non è da escludere che vi fossero anche altre ragioni sul voto all’art. 7, ragioni “ben più profonde”, da individuarsi in una sorta di ricatto, “un suggerimento irresistibile” da parte di “un’altra sovranità (quella del Vaticano ndr) che lo stesso art. 7 riconosce e proclama come contrapposta a quella della Repubblica”. In sostanza quella che ormai si configurava come una “potenza esterna”, avrebbe fatto intendere, per bocca di De Gasperi, che “in Italia dal mantenimento della pace religiosa dipende il mantenimento della pace politica; e che, se si vuole evitare alla Repubblica ancora debole il pericolo che deriverebbe da una rottura della pace politica, non c’è altro da fare che accettare senza discutere la formula perentoria dell’art. 7, in mancanza di che la vita stessa della Repubblica non sarebbe più garantita …”.

Tale ipotesi apriva ad una sconfortante constatazione che, secondo Calamandrei, “eccede di gran lunga i limiti della politica interna”. Dietro quel voto, infatti, c’era “il doloroso riconoscimento della servitù internazionale e della miseria in cui, per merito del fascismo, l’Italia è caduta”, situazione che sembrava esser stata accettata passivamente dall’assemblea senza che, inesplicabilmente, tra i partiti che sostennero l’approvazione dell’articolo si fosse sollevata almeno “una voce di dignitosa ribellione contro questo asservimento”.

Amare (e alquanto attuali) le conclusioni di Calamandrei: “forse la vera sconfitta è stata, insieme colla sovranità italiana, la democrazia parlamentare. Alla base della democrazia e del sistema parlamentare sta un principio di lealtà e di buona fede: le discussioni devono servire a difendere le proprie opinioni e a farle prevalere con argomenti scoperti, e i voti devono essere espressione di convinzioni maturate attraverso i pubblici dibattiti. Quando i voti si danno non più per fedeltà alle proprie opinioni, ma per calcoli di corridoio in contrasto colla propria coscienza, il sistema parlamentare degenera in parlamentarismo e la democrazia è in pericolo”.

Di fronte a chi, successivamente, difendeva la propria scelta di voto da queste critiche, etichettando la coerenza politica richiesta, come una sorta di debolezza consistente nella mancanza del “senso delle cose reali, che dovrebbe invece essere ed è la qualità prima di chi vuole impostare e dirigere un’azione politica”, Calamandrei, nel concludere il suo resoconto, rispondeva così: “Ma quali sono le cose reali?. Qualcuno pensa che anche certe forze sentimentali e morali, che hanno sempre diretto e sempre dirigeranno gli atti degli uomini migliori, come potrebb’essere la lealtà, la fedeltà a certi principi, la coerenza, il rispetto della parola data e così via, siano cose reali di cui il politico deve tener conto se non vuole, a lunga scadenza, ingannarsi nei suoi calcoli”.

In Calamandrei lo spirito critico e la capacità di richiamare onestamente e senza tatticismi politici la storia e le responsabilità nella genesi dell’art. 7 (e non solo), si accompagnava, inoltre, ad una continua apertura al domani, ad una fiducia nella possibilità e nella responsabilità di continuare a costruire insieme a partire dalla consapevolezza che “La Costituzione è il programma politico della resistenza”3. Con queste parole, infatti, circa dieci anni dopo Calamandrei titolava un suo articolo in cui scriveva: “La grande novità della Resistenza fu questa: che ogni partigiano andò in montagna per sua libera scelta, per rivendicare contro la tirannia la sua dignità di persona. Anche oggi nella lotta politica il conseguimento effettivo della pari dignità sociale di ogni persona è il programma minimo che la resistenza ha affidato alla costituzione. … L’idea cristiana può essere una delle forze che spingono gli uomini sul cammino della storia; l’idea comunista può essere un’altra di queste forze motrici; ma anche l’idea nata dalla resistenza, sintesi di quelle idee opposte, può essere una forza capace di spingere e di indirizzare i giovani alla politica: l’idea del rispetto e della dignità della persona umana; l’idea di conquistare ad ogni uomo quel livello di vita che gli consenta di sentirsi persona appartenente a un popolo dove ogni uomo esige per sé e riconosce agli altri lo stesso rispetto”.

Lo spirito laicamente inclusivo e di fiducia nel dialogo di Calamandrei sembra esser lo stesso che accompagnava Capitini che, nel riproporre le vicende dell’art. 7 della Costituzione, sollecitava un impegno condiviso per la realizzazione di una società aperta, basata su valori “di reciproco rispetto, di convivenza nella libertà, nel lavoro, nella cultura, e anche nella speranza e fede”, affinchè “serbando ognuno dentro il cuore la propria fede nelle mete ultime, camminiamo intanto sulla strada che, senza tradir quella fede, ci siamo impegnati a percorrere in schiera. … Verso quali mete ultime ci porta il viaggio? La sua risposta ognuno la porta chiusa dentro il cuore: ma intanto senza rinnegare questa risposta continuiamo, finché si può, a camminare insieme”.

Fa riflettere la recente nota della segreteria di Stato Vaticana sul DDL Zan, che fa riferimento alle modifiche al concordato ed al rispetto dei patti lateranensi previsto dall’art. 7, residuo di logiche clericali consolidate che confermano dubbi e timori espressi a suo tempo su alcune contraddizioni e criticità nella complessa genesi della nostra Costituzione che, tuttavia, continua a tracciare un percorso di speranza, che può apparire tortuoso, ma che si deve cercare di proseguire insieme, partendo dalla riscoperta dei valori condivisi e trasversali ereditati dalla resistenza, che dovrebbero essere alla base di un dibattito parlamentare laico, trasparente e animato da “lealtà e buona fede”, ed evitando, al contempo, i rischi di “particolari ingerenze” e di tatticismi partitici che indeboliscono e mettono a rischio la stessa democrazia.

Perché in fondo “Che cosa è la vita se non un breve tratto di strada da percorrere con gli altri viandanti?”

(Descrizione immagine (tratta da https://luce.lanazione.it/): due mani con i colori dell’arcobaleno si avvicinano con sullo sfondo la basilica di S. Pietro). 

Note:

1 Capitini A. – Lacaita P., Stato sovrano e ipoteca clericale. Gli Atti dell’Assemblea Costituente sull’Art. 7 con il testo dei Patti Lateranensi e il discorso di Croce al Senato. Le fonti costituzionali che sono alla base degli odierni rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa Romana, Manduria-Perugia, 1959.

2 Calamandrei P., Storia quasi segreta di una discussione e di un voto, “Il Ponte”, maggio 1947, pp. 409-421.

3 Calamandrei P., La Costituzione è il programma politico della Resistenza, “Il Ponte”, XII, n° 2, febbraio 1956.

Tratto da http://www.domenicomassano.it/2021/06/art-7-il-piu-discutibile-e-discusso.html?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+DomenicoMassano+%28Domenico+Massano%29

Buona Pasqua

Dovremmo essere cittadini insieme in rete, consapevoli di fare da argine allo spreco, riuscire ad indirizzare ogni minimo sforzo in una visione ampia che includa i più deboli, i più fragili della terra, tutti noi; una azione “gener-attiva” che superi il modello che abbiamo da tempo accettato come cosa data, il modello dello “scarto”.


È grande il popolo degli alberi; sparso dalle paludi alle vette, dai climi torridi a quelli gelidi; innumerevoli alberi sulla terra in migliaia di specie: In Italia, secondo recenti rilevamenti, ci sono veti miliardi di alberi nelle zone boschive; poi ci sono gli alberi da giardino, quelli delle campagne, dei cigli stradali, delle città.

Mario Rigoni Stern, “Alboreto selvatico”, 1991


Buona Pasqua, buona Pesach, Resurrezione, rinnovamento, liberazione… Buona nuova normalità, ma non sarà così se non per pochi, sarà un percorso lungo e nessun cambiamento repentino, se a cambiare non sarà la profondità dell’essere ed il nostro agire come singoli e specialmente come sistema.

In ogni momento ci siamo detti che la pandemia ha svelato disfunzioni già in atto, mancanza di visione, egoismi, nazionalismi, interessi particolari,…: la prospettiva di ricevere un prestito in danaro da spendere in progetti che ristorino ed insieme generino benessere ad una società in ginocchio può smuovere vecchi strati ingessati e proiettarsi in una reale immagine di sviluppo?

Potrebbe essere che sì, ma dovremmo essere cittadini insieme in rete, consapevoli di fare da argine allo spreco, riuscire ad indirizzare ogni minimo sforzo in una visione ampia che includa i più deboli, i più fragili della terra, tutti noi; una azione “gener-attiva” che superi il modello che abbiamo da tempo accettato come cosa data, il modello dello “scarto”. Lo “scarto” è quelli che non hanno voce, gli anziani, i disabili, quelli che non corrono più, anche gli stanchi che in questi tempi hanno perso più di quanto mai avessero pensato. Potrebbe essere davvero una occasione (ormai abbiamo già capito che è una necessità) di essere i cittadini che vogliono risvegliarsi. Dovremmo però essere uniti, sentinelle nei piccoli e grandi ambiti, cittadini attivi che vogliono trasparenza, dignità in ogni momento della propria vita, partecipazione alle scelte, persone che possono giocare la propria competenza per i beni comuni che sono la salute, il lavoro, la terra, la cultura,…

Farsi gli auguri per una buona Pasqua, per liberarsi da vecchi gioghi o per rinnovare se stessi ed il sistema, vuol dire superare innanzitutto questa logica dello “scarto” ed aver cura di tutti perché ognuno possa produrre secondo le proprie possibilità ed i propri tempi.

L’augurio che Cittadinanzattiva da a se stessa è di mantenere vivo il proprio messaggio, rinvigorirsi nelle radici che affondano ed hanno nutrimento nel principio di sussidiarietà orizzontale, nell’orgoglio di essere cittadinanza, partecipi sullo stesso piano alle modifiche del mondo.

“…se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. (Giovanni, 12,24)

Crescita senza crescita economica

Come può la società svilupparsi e crescere in qualità rispetto alla quantità in modo più equo?
A cosa siamo disposti a rinunciare per soddisfare le nostre ambizioni di sostenibilità?

Di Alessandro Mortarino

“La crescita economica è strettamente collegata all’aumento della produzione, del consumo e dell’uso delle risorse e ha effetti dannosi sull’ambiente naturale e sulla salute umana. È improbabile che un lungo disaccoppiamento duraturo e assoluto della crescita economica dalle pressioni e dagli impatti ambientali possa essere raggiunto su scala globale; pertanto, le società devono ripensare a cosa si intende per crescita e progresso e il loro significato per la sostenibilità globale”

Queste considerazioni non sono riprese dagli scritti di qualche teorico della Decrescita o da qualche “incallito” ambientalista, è l’incipit di un documento di analisi e proposte redatto dall’EEA, l’Agenzia Europea dell’Ambiente (European Environment Agency) che raccoglie dati, fornisce informazioni e produce valutazioni su tematiche ambientali in collaborazione con la rete europea di informazione e osservazione ambientale (Eionet) e i suoi 32 paesi membri.
Titolo del report (o briefing) è “Growth without economic growth” (“Crescita senza crescita economica”) ed è un contributo davvero importante su cui tutte le classi politiche e l’intera Società civile, ci auguriamo, sono e saranno chiamati a riflettere con attenzione ed urgenza.

Continua a leggere “Crescita senza crescita economica”

La situazione sociale in Italia

Presentato il 54° Rapporto CENSIS sulla situazione sociale del Paese. “Occorre una nuova e sistematica azione della mano pubblica non solo per riparare i guasti, ma anche per ripensare il Paese”.

“Non basta il vitalismo italico per risollevare il Paese -Tiziano Treu, Presidente CNEL, alla presentazione del Rapporto- occorre una nuova e sistematica azione della mano pubblica. Occorre una visione, un ripensamento, occorrono interventi che selezionino delle priorità. Occorre però anche un progetto ed una azione collettiva“. Di fronte alla incertezza e al disorientamento provocati dall’impatto con la pandemia da Covid sono necessari chiarezza e trasparenza nel progettare in una visione comune. E una comunicazione responsabile. “Comunicare, comunicare,…”

Continua a leggere “La situazione sociale in Italia”

Ricchezze e povertà

Il patrimonio di 26 super ricchi è uguale a quello di 3,8 miliardi di persone nel mondo. In Italia il 20% della popolazione possiede il 72% della intera ricchezza nazionale.

Nel mondo le ricchezze si concentrano sempre più nelle mani di pochi, mentre aumentano le persone in grave stato di povertà: queste le conclusioni del rapporto Oxfam (Oxford committee for Famine Relief) del 2019.

L’aumento delle disuguaglianze è diventato vertiginoso in questo ultimo anno a causa della pandemia. Cosa vuol dire essere nella parte bassa e ampia di questa piramide in cui “l’1% più ricco deteneva a metà 2019 più del doppio della ricchezza netta posseduta da 6,9 miliardi di persone“?

Continua a leggere “Ricchezze e povertà”

Basta bambini in carcere! Subito un Fondo per farli uscire

Approvato il nostro emendamento alla Legge Bilancio con l’istituzione di un fondo dedicato che garantisca le risorse necessarie ad assicurare a tutti i nuclei mamme-bambini l’inserimento in case famiglia protette ed in case alloggio già operative sul territorio

Sono 33 i bambini presenti nelle carceri italiane al 30 ottobre 2020, costretti a vivere e crescere in una condizione assolutamente inadeguata e rischiosa, che ne mina il benessere psicologico emotivo e fisico.  Per loro chiediamo che si inizi a costruire un futuro diverso. Da oggi.
Le nostre organizzazioni, consapevoli dell’urgente necessità di rendere applicabile la legge 62/11 che disciplina la condizione delle madri detenute con al seguito i propri bambini, hanno visto nella Legge di Bilancio un’opportunità per iniziare a costruire un futuro diverso per loro.

Continua a leggere “Basta bambini in carcere! Subito un Fondo per farli uscire”

Gazzetta Dentro 2020: uno spiraglio tra carcere e società

Riflessioni dal carcere di Quarto (Asti)
di Domenico Massano

“È nella dialettica tra noi e gli altri che si gioca la complessa dinamica che lega identità e convivenza. … Alcuni contesti segnano fortemente questa difficile dialettica, come i luoghi di privazione della libertà: separati, isolati, sempre più spesso volutamente costruiti lontani dai centri abitati, quasi a voler accentuare il baratro”.

Garante nazionale delle persone private della libertà, Relazione al Parlamento 2020

Nel corso del 2020 sul periodico astigiano “Gazzetta d’Asti”, si è potuto leggere settimanalmente un articolo un po’ particolare, contrassegnato da un piccolo logo con, su uno sfondo grigio di sbarre, la scritta “Gazzetta Dentro”, seguita dalle parole “Riflessioni dal carcere di Quarto”. Un titoletto che si è dimostrato capace di inserirsi nelle pagine del giornale con discrezione, ma con una costanza tale da meritarsi qualche parola di approfondimento in più, accompagnata da alcuni stralci di articoli scritti dalle persone detenute.

Continua a leggere “Gazzetta Dentro 2020: uno spiraglio tra carcere e società”

Buon 2021!

Il 2020 ha segnato una sospensione ma anche una occasione per un pensiero più intimo, più elaborato da cogliere ed organizzare in un discorso che continui in aggiustamenti relativi, funzionali a proteggere la bellezza delle cose, di noi, del mondo.

Ci state rubando il futuro. Come osate?

Greta Thumberg

Vogliamo iniziare il nuovo anno con un ricordo della primavera 2019: giovani persone che vogliono dire, vogliono esistere nel mondo, un mondo che vogliono proteggere. Pensiamo che da loro sia venuto un grande insegnamento a noi stanchi, abituati ad accettare: una lezione sul tempo. “Non abbiamo più tempo”, loro dicono e adesso possiamo aggiungere che i ricorsi della Storia non esistono, la Storia siamo noi, quello che facciamo, pensiamo, agiamo nel piccolo della nostra vita, nel grande quando siamo uniti e percorriamo una stessa via.

Continua a leggere “Buon 2021!”

“O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra”

Photo by Somya Dinkar on Pexels.com
Sembra una sberla ma è un invito ai giovani ad essere partecipi attivi della propria vita all’Incontro internazionale “Economy of Francesco – Papa Francesco e i giovani da tutto il mondo per l’economia di domani” il 3 ottobre 2020. 
 
“Voi siete molto più di un ‘rumore’ superficiale e passeggero che si può addormentare e narcotizzare con il tempo. Se non vogliamo che questo succeda, siete chiamati a incidere concretamente nelle vostre città e università, nel lavoro e nel sindacato, nelle imprese e nei movimenti, negli uffici pubblici e privati con intelligenza, impegno e convinzione, per arrivare al nucleo e al cuore dove si elaborano e si decidono i temi e i paradigmi. Tutto ciò mi ha spinto a invitarvi a realizzare questo patto”.
 
“La gravità della situazione attuale, che la pandemia del Covid ha fatto risaltare ancora di più, esige una responsabile presa di coscienza di tutti gli attori sociali, di tutti noi, tra i quali voi avete un ruolo primario: le conseguenze delle nostre azioni e decisioni vi toccheranno in prima persona, pertanto non potete rimanere fuori dai luoghi in cui si genera, non dico il vostro futuro, ma il vostro presente.
Voi non potete restare fuori da dove si genera il presente e il futuro. O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra”.

(Fonte: https://www.agensir.it/quotidiano/2020/11/21/papa-francesco-ai-giovani-non-potete-restare-fuori-da-dove-si-genera-il-presente-e-il-futuro-o-siete-coinvolti-o-la-storia-vi-passera-sopra/)

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora